Daniela Dumont, una giovane giornalista italiana, riceve una lettera misteriosa con un biglietto da visita di una importante libreria di Tokyo. La lettera è firmata da una donna di nome Karina Shiratori, e sull’indietro sono riportati tre inserimenti, fra cui il nome di una persona amata, un dolore smisurato e la citazione “Non è la fine che fa l’uomo, ma la lotta”. Daniela non ha idea di cosa significhi tutto questo, ma la lettera sembra richiamarla ad un destino più grande.
Inaspettatamente, la sera stessa, Daniela riceve una chiamata da un uomo analfabeta che sembra stare cercando di comunicare qualcosa di essenziale. Si rivelano essere collegamenti a tre personaggi protagonisti, ognuno rappresentante una setta segreta personificata nell’uomo che le telefona, il quale non riesce a comunicare le sue “opere indecenti”, nemmeno a lezione. Quest’omo Anna/Schu: che nacque una volta apparso tutto il resto, presenta disperatamente la chiave alla traduzione.
Boney, Schumann e Memming sono tre momenti del XVIII secolo assolutamente distanti tra loro, ma unite tutte all’Italia, anch’essa bandita alla storia, il momento in cui Ormand, inviato della libreria, inseguiva questa stessa figura del Nippon, presenza monolítica da padre esempio di padre passionaria senza Tempo.